Complimenti! Se sei arrivato fin qui, vuol dire che ti stai ponendo le domande giusto sul futuro di tuo figlio! La didattica tradizionale ha fallito nel compito di educare i nostri ragazzi al mondo che li aspetta fuori delle mura scolastiche e a fornirgli le competenze necessarie a intraprendere il futuro lavorativo dei loro sogni. Qual è quindi l’alternativa?
La scelta di una didattica al passo con i tempi è il fondamento di una buona istruzione così come la ricerca di un approccio più inclusivo ed efficace, che raggiunga la mente e l’interesse degli studenti. Inizia con l’utilizzo di una didattica metacognitiva, che rivoluziona il concetto di insegnamento e di apprendimento, focalizzandosi proprio sull’evoluzione del singolo individuo all’interno del gruppo classe. Questo nuovo focus sui processi cognitivi dei ragazzi, lavora sullo sviluppo delle abilità di selezione, organizzazione e rielaborazione delle informazioni; utilizza strumenti quali la riflessione proattiva (l’innesco di domande che portano all’analisi degli argomenti chiave) o la creazione di mappe concettuali che permettono di organizzare le idee in modo chiaro e semplificato, ma anche personalizzato, sfruttando l’unicità dei processi cognitivi di ciascun individuo.
È importante anche tenere in conto il canale preferenziale di apprendimento di ciascuno studente. Tutti gli individui sono diversi, infatti utilizzano sistema rappresentazionali differenti. Di cosa si tratta? Partiamo da un esempio pratico: l’osservazione di un fenomeno unico da parte di più persone, può risultare in una acquisizione mnemonica dell’evento usando il sistema rappresentazionale visivo, auditivo o cinestetico (o anche combinazioni di queste tre macro categorie). Questo significa per per qualcuno l’esperienza più impattante sarà legata alla registrazione delle immagini, per altri dei suoni oppure all’associazione con la risposta emotiva all’evento. Pertanto, se questi tre individui si trovassero a descriverlo tempo dopo, si soffermerebbero su aspetti completamente differenti e utilizzerebbero parole diverse per raccontarlo. I sistemi rappresentazionali sono fondamentali per i ragazzi, che li trasformano in veri e propri stili di apprendimento personali. È proprio per questo che la lezione frontale non funziona, perché non raggiunge tutti i ragazzi ma privilegia solo coloro che sono già predisposti a quel particolare tipo di apprendimento.
L’Italia affida l’istruzione dei più giovani a specialisti delle singole materie e burocrati, dimenticandosi dell’essere umano e della sua centralità nel processo di formazione. Una didattica innovativa lotta per rimettere proprio l’essere umano al centro, affidandosi a una collaborazione tra gli specialisti delle singole materie con gli specialisti dell’apprendimento, come educatori, formatori, coach e pedagogisti. La linea guida è adattare l’insegnamento alla pluralità dei canali di apprendimento esistenti e includere la ricerca pedagogica tra gli obiettivi primari della scuola stessa. L’adattamento e la personalizzazione dei metodi didattici come imperativo per una lezione flessibile e capace di raggiungere tutti i suoi discenti. Solo così possiamo davvero parlare di didattica inclusiva oltre che innovativa. All’atto pratico, questa diversificazione passa attraverso il superamento dell’utilizzo di semplici manuali di testo, in favore di una gamma più vasta di fonti preselezionate dai docenti: video, articoli, podcast… strumenti che permettano ai ragazzi di scegliere il canale che risuona con il loro stile di apprendimento, facendo scattare un interesse e una detenzione delle informazioni maggiore.
Non può mancare il “saper fare” oltre il semplice “sapere”. Infatti una didattica laboratoriale di applicazione dei concetti studiati aiuta coloro che apprendono a ritenere le informazioni. Uno studio sperimentale della memoria condotto da Hermann Ebbinghaus, psicologo e filosofo tedesco, già alla fine del 19esimo secolo, lo ha portato a teorizzare “la curva dell’oblio” secondo la quale perdiamo la maggior parte delle informazioni acquisite nelle prime 24 ore, per poi ridursi sempre più. Questo fenomeno avviene perché le cose che crediamo di imparare, spesso finiscono nella memoria a breve termine, piuttosto che in quella a lungo termine. La prima viene spesso la mente viene resettata dal nostro cervello, come un cestino che viene svuotato dai file temporanei. Come si può quindi rendere l’apprendimento scolastico a lungo termine? Abbinando, oltre al corretto canale di apprendimento, l’esperienza dell’agire sui contenuti. Lavori di gruppo, presentazioni, dibattiti sono la chiave per depositare le nuove conoscenze nella “cartella” giusta del nostro cervello, rendendole parte integrante delle competenze su cui stiamo già lavorando.
Infine, il coinvolgimento emotivo in prima persona dei ragazzi rende l’esperienza dello studio più appetibile, solleticando la curiosità dormiente dei ragazzi di oggi, che hanno il mondo nelle loro mani (letteralmente) nello strumento più tecnologicamente avanzato del momento, ma che non pensano mai di utilizzarlo per scoprirlo. La didattica innovativa li conquisterà così che alla fine dei loro anni di studio possano essere loro a conquistare il loro futuro!
Autore: Alessia Cullotta