Che cosa si intende per metodologie didattiche attive?
“Per metodologie didattiche attive si intendono quelle strategie didattiche che mettono l’alunno al centro del proprio processo di apprendimento, coinvolgendo la sua creatività e il suo senso di iniziativa, non prescindendo naturalmente dai contenuti curricolari” (leggi: 3 commenti su “Metodologie Attive vs Lezione Frontale: di Cosa Ha Bisogno La Scuola?). L’adozione di questo tipo di didattica mette finalmente fine alla marginalità dello studente all’interno del contesto scolastico, che fino ad ora ha caratterizzato la scuola tradizionale e la sua predilezione per la lezione frontale.
Se abbiamo visto insieme le principali metodologie didattiche attive in Nuove metodologie didattiche, dove abbiamo incontrato strategie quali: didattica laboratoriale, cooperative learning e flipped classroom; oggi dedichiamo maggiore attenzione nel ruolo centrale dello studente all’interno del proprio processo di apprendimento e di conseguenza anche in contesti di gruppo, come all’interno di una classe.
Partiamo dalla scelta di un approccio che predilige il cooperative learning, ossia l’adozione di un’organizzazione delle attività didattiche che prevedano lo svolgimento delle task in piccoli gruppi e il cui risultato è ottenibile solo con il corretto utilizzo delle risorse individuali. Il gruppo dovrà dividere il lavoro non solo equamente ma soprattutto scoprendo le singole potenzialità dei componenti e sarà valutato come insieme. La valutazione di questo tipo di progetti, infatti, riguarderà l’intera squadra, pertanto il coinvolgimento emotivo e proattivo disomogeneo dei membri porterà a una reciproca influenza positiva per raggiungere insieme gli obiettivi prefissati.
La sola descrizione del funzionamento di una strategia come il cooperative learning mostra già la forza impattante che deriva proprio dall’energia in potenza dei ragazzi. Dare loro un ruolo centrale li stimola, li sprona e li ispira a coinvolgere i propri compagni, raggiungendo anche coloro che risultano più impermeabili al modo di comunicare degli adulti con cui vengono in contatto. Questo tipo di metodologia non prevede l’accantonamento del ruolo del docente, tutt’altro, il docente diventa in primis educatore e guida dei propri allievi, e agisce secondo dei principi conduttori prosociali quali: attivare, comprendere, responsabilizzare, capacità di ascolto empatico e attenzione a tutti i tipi di linguaggio. Queste sono tutte responsabilità dell’educatore, che diventa modello di riferimento per gli alunni, che devono sentirsi spronati e compresi. Non sono più i ragazzi a smussare i propri angoli per entrare in una forma didattica prestabilita ma è la figura di riferimento che aiuta a valorizzare le singole peculiarità.
È importante fare una distinzione tra metodo cooperativo e prosocialità. Il primo è un’azione di gruppo, un obiettivo (un progetto) che richiede l’adesione di tutti per il raggiungimento, mentre il secondo può avvenire singolarmente, è un’attitudine personale che contribuisce al benessere del singolo e dell’insieme.
Il perno di una metodologia didattica attiva: un curricolo interdisciplinare.
Basato sull’adozione di un decentramento cognitivo, che prevede strategie di pensiero trasversali, capaci di includere diversi punti di vista sullo stesso argomento. Il decentramento sfida stereotipi e preconcetti legati sia alla didattica in sé, sia la compartimentalizzazione della conoscenza, frutto di uno studio nozionistico e inefficace nel momento in cui non avviene la transizione da conoscenza a competenza.
Un esempio di decentramento cognitivo è proprio la didattica per concetti, una metodologia trasversale a tutte le discipline, che utilizza strumenti come le mappe concettuali, una rappresentazione della conoscenza, un vero e proprio schema visivo che trascrive le relazioni logiche tra i concetti, che può essere dedicata a una singola disciplina o diramarsi all’infinito con tutte le connessioni disciplinari possibili. Un’altra parte importante è la conversazione clinica, ossia un dibattito che parte dalle conoscenze spontanee degli alunni e porta tramite riflessioni logiche e consequenziali all’ampliamento del sapere.
Il processo di apprendimento comprenderà 3 passaggi importanti: 1) il compito di apprendimento; 2) la rete concettuale e 3) la valutazione finale. Il compito di apprendimento è la stesura della composizione dell’unità didattica, a disciplina singola o interdisciplinare, che segna quindi gli obiettivi da raggiungere; la rete concettuale ordina gli elementi costitutivi dell’unità didattica, l’ordine in cui verranno svolti e secondo quale filo logico, con l’elaborazione di questa si chiude il processo di pianificazione del percorso didattico e si passa al vero e proprio svolgimento; in conclusione, c’è la valutazione finale, che verifica l’effettiva acquisizione dei concetti e riguarda l’efficacia dell’attuazione degli step previsti dal progetto didattico: la qualità e la consistenza dell’apprendimento.
Una metodologia didattica attiva è uno strumento imprescindibile per l’applicazione della scelta di valorizzare la centralità dello studente. I risultati non sono infatti valutati in scala numerica, ma sono il concretizzarsi di un feedback costruttivo e personalizzato, che tiene in conto di tutti i fattori che influiscono sull’apprendimento del singolo studente, che siano fattori esterni (derivanti dal contesto classe) oppure interni (derivanti dagli strumenti di partenza con cui i ragazzi si trovano ad affrontare il processo di apprendimento).
Autore: Alessia Cullotta