Oggetto di discussione da ormai molti anni, la durata della pausa estiva a scuola desta molte perplessità. In America, ad esempio, si parla di “summer brain drain” (svuotamento del cervello in estate) per evidenziare il “vuoto culturale” che la fine delle lezioni crea nel lungo periodo. In Europa, invece, le istituzioni sono divise tra coloro che ritengono opportuno ridurre le settimane di vacanza e chi, al contrario, reputa impossibile fare lezione con il caldo di giugno e all’interno di strutture prive di climatizzazione.
In Italia le vacanze estive scolastiche durano più a lungo rispetto alle altre nazioni: si parla infatti di 13 settimane di pausa rispetto, ad esempio, alle 10 in Svezia e Finlandia, oppure alle 6 della Germania, della Danimarca e del Regno Unito.
Quali sono i vantaggi di una pausa più breve?
Il primo vantaggio delle vacanze lunghe è di natura psico-fisica: secondo una certa corrente di pensiero, infatti, dopo il lungo periodo di studio occorre un lasso di tempo consistente per smaltire la stanchezza e lo stress accumulato, lasciandosi andare al riposo e alle attività all’aria aperta. Le stagioni condizionano i ritmi della vita degli studenti invitandoli, in estate, a svolgere attività alternative altrettanto educative come, ad esempio, giocare in libertà con gli amici, dedicarsi ai propri hobby senza il peso dei compiti e stare più tempo con la propria famiglia.
Tuttavia, questo vantaggio si scontra con alcune criticità che riguardano soprattutto le fasce socio-economiche più deboli. Nelle grandi città, infatti, dove non ci sono spazi adeguati all’aperto per trascorrere le giornate in libertà o quando entrambi i genitori lavorano e i nonni non hanno possibilità di accudire i nipoti, l’unica alternativa alla scuola sono le ore di ozio in casa tra la televisione e l’utilizzo incontrollato di videogiochi e smartphone. Si tratta di un dato allarmante che spesso fa propendere le famiglie per i campi estivi durante i mesi di luglio e agosto.
Un altro svantaggio è quello spiegato nella teoria del “summer brain drain” e che rappresenta il rischio più grave in cui si può incorrere. Lo svuotamento del cervello in estate è la teoria secondo cui una pausa eccessivamente lunga potrebbe portare lo svantaggio di far dimenticare ai giovani tutte le nozioni acquisite durante l’anno scolastico; i compiti delle vacanze, in questo contesto, sarebbero l’unico aggancio alle competenze acquisite, ma occorre eseguirli con una certa continuità e senza far trascorrere troppo tempo dalla chiusura delle scuole.
Per evitare questi svantaggi, gli Stati Uniti hanno sperimentato un calendario organizzato in modo diverso rispetto agli anni passati, con un numero maggiore di giorni festivi sparsi nel corso dell’anno scolastico e con uno stop estivo più breve.
Questo calendario però ha riportato dati contrastanti: in alcuni istituti, infatti, gli alunni hanno dimostrato maggiore tenuta degli apprendimenti, mentre in altri, una perdita superiore. Un risultato che pone l’accento sull’efficienza relativa di qualsiasi metodo e sulla necessità di riformare la scuola dalle fondamenta, stabilendo un metodo didattico fondato sulla partecipazione attiva dell’alunno e sulla stimolazione dell’interesse e dell’entusiasmo, attraverso strumenti innovativi ed efficaci.
Solo in questo modo la lunga pausa estiva che viene concessa in Italia agli studenti diventerà terreno fertile per il consolidamento delle nozioni acquisite, nonché un momento per ritrovare le energie necessarie per affrontare sfide sempre nuove.